Intervista con il Dr. Paolo Rossetti

A colloquio con il dr Paolo Rossetti.

Il mio primo caso di rigenerazione verticale.

Abbiamo avuto l’opportunità di vedere un caso del dr Paolo Rossetti di Milano e per varie ragioni abbiamo pensato che la sua esperienza meritasse di essere condivisa nella nostra newsletter.

Come è nato il suo interesse per la rigenerativa?
Inserisco impianti dal 2003 e l’ho sempre fatto con molta prudenza, dove c’era osso. Chi, come il sottoscritto, ha avuto una formazione improntata al recupero estremo dell’elemento dentario, parodontale ed endodontico, difficilmente fa grandi numeri in termini di impianti. Sino a poco tempo fa vedevo la chirurgia rigenerativa come qualcosa di estraneo alla mia pratica quotidiana e delegavo i pochi casi che mi si presentavano.

E poi?
Mentre cercavo del materiale chirurgico su internet, mi sono imbattuto in una fotografia che ha attirato la mia attenzione: tre impianti in una sella mandibolare piantati per l’apice ed emergenti dal profilo osseo per un centrimetro. Inizialmente ho pensato che fosse il lavoro di uno dei  “soliti inarrivabili esperti”, e solo successivamente ho scoperto che si trattava del caso di un certo dott. Marco Ronda, che allora non conoscevo. Sono rimasto qualche minuto sbalordito ad osservare le immagini di alcune delle più estreme GBR verticali che avessi mai visto. Su quel blog sono ancora presenti alcuni miei commenti entusiastici di allora che, riletti a distanza di tempo, risultano quasi imbarazzanti: non andate a leggerli! Sull’onda dell’entusiasmo mi iscrissi ad un corso di perfezionamento in chirurgia implantare avanzata e, inaspettatamente, a tenere le lezioni sulle GBR ho trovato proprio Marco Ronda. Allora è destino, mi son detto! Tre mesi dopo ero nel suo studio a vederlo operare. Il mese successivo la mia prima GBR verticale.

Qual era la Sua precedente esperienza con la GBR?
Avevo una buona esperienza di chirurgia parodontale, ma con la GBR ero alle prime armi. Quella del caso che presento è stata la seconda membrana della mia carriera, una non-riassorbibile in PTFE rinforzata in titanio. La mia prima membrana era stata una riassorbibile che avevo posizionato in un piccolo difetto orizzontale molto contenitivo l’anno prima.

Ha avuto qualche difficoltà durante l’intervento?
Nessun intoppo, direi. L’intervento è stato anche portato a termine in tempi ragionevoli. Ronda si è dimostrato un insegnante eccellente. Dopo aver frequentato il suo corso ho avuto la netta sensazione di avere profondamente compreso tutti i passaggi della chirurgia e soprattutto i criteri che stanno alla base di ogni singolo gesto operatorio. Marco non mi ha solo insegnato una tecnica, mi ha trasmesso un metodo. Il metodo, se correttamente acquisito, consente di adattare la tecnica alle piccole o grandi varianti che spesso si presentano. In questo caso l’aver trattato uno spazio intercalato anziché una sella libera.

Come ha selezionato il suo primo paziente per un intervento come la GBR verticale che è considerato impegnativo?
Ho considerato che fossero tre i requisiti necessari per rompere il ghiaccio con questa tecnica: 1 – che il caso fosse tecnicamente alla portata di un neofita, per rispettare il principio della gradualità nell’apprendimento. 2 – che il paziente fosse persona motivata, e accettasse le alte percentuali di complicanze che tradizionalmente vengono attribuite alla tecnica. 3 – che il paziente fosse persona solida psicologicamente e fosse in grado di affrontare il più serenamente possibile eventuali re-interventi in caso di complicanze.

Ma non mi pare che per il suo primo caso siano stati rispettati tutti i requisiti da Lei stabiliti…
In effetti è vero. Il mio primo caso è stato uno spazio intercalato, che comporta maggiori difficoltà nella gestione della membrana e nella chiusura dei lembi rispetto ad una sella libera. Marco ripete sempre ai suoi corsisti:”Quando iniziate, evitate assolutamente di trattare gli spazi intercalati; estraete il dente del giudizio; rendete edentula la sella!”.  Ma io non potevo farlo: i miei pazienti vengono motivati al mantenimento dentale a tal punto che sarebbe stato incoerente da parte mia proporre l’estrazione di un dente valido (ancorché del giudizio) per facilitare un trattamento che consideravo ad alto rischio di fallimento. Gli altri due requisiti erano però rappresentati molto bene… e infine il caso consentiva una “exit strategy”.

Exit strategy? Ci spieghi meglio.
La strategia è importante. Disporre del cosiddetto piano “B” è utile e psicologicamente confortante. Gli impianti sono stati posizionati ad una distanza di sicurezza dal nervo alveolare, ma le osteotomie sono state estese più apicalmente, in prossimità del nervo. Nel caso di esposizione della membrana ed infezione dell’innesto, che è la complicanza più frequente in questo tipo di interventi, avrei rimosso l’innesto e avvitato gli impianti più apicalmente di un paio di millimetri. Il collo lucido del Tapered Screwvent sarebbe rimasto sopraosseo, funzionando da collare transmucoso. In questo modo avrei trasformato una GBR verticale di 4mm fallita in una implantologia tradizionale.

Quali sono state le sue prime impressioni sull’entità della rigenerazione ossea ottenuta in questo caso?
Ha superato le mie aspettative, soprattutto per quanto riguarda la componente orizzontale della rigenerazione, che è stata molto abbondante. Al momento della riapertura ho riscontrato con soddisfazione, che il  tessuto rigenerato era l’esatta riproduzione della forma che avevo conferito alla membrana durante la prima chirurgia. Ho così compreso come il rinforzo in titanio della membrana contribuisca, insieme con gli impianti ed il materiale da innesto, a mantenere nel tempo la stabilità dimensionale del coagulo sottostante. La possibilità di ottenere una rigenerazione verticale che sia abbondante anche nel suo diametro orizzontale sembra infatti un fattore determinante per la stabilità a lungo temine dell’osso neoformato che circonda le piattaforme implantari.

Che programmi ha nel suo futuro per la rigenerazione?
Il successo in una chirurgia non facile come questa fornisce la motivazione e l’incoraggiamento per continuare. Ora affronto con confidenza gli aumenti di cresta orizzontali, mentre mi sto preparando per “alzare l’asticella” delle prossime GBR verticali, ma con la dovuta calma. Bisogna evitare i facili entusiasmi.

Le facciamo in complimenti per il caso che condivide con i lettori della newsletter di De Ore e le auguriamo molti mm di rigenerazione per il prossimo futuro.

IL CASO

Trattamento di atrofia ossea verticale in mandibola posteriore con membrana in dPTFE Cytoplast Ti-250 PL e osso omologo.

Dott. Paolo Rossetti – Milano
p.rossettimilano@gmail.com

Introduzione

Il trattamento dei difetti ossei verticali costituisce ancora oggi una sfida per il clinico. Indifferentemente dalla tecnica chirurgica adottata (e con l’eccezione della distrazione osteogenetica), le rigenerazioni verticali vedono nella gestione intraoperatoria dei tessuti molli uno dei momenti più critici.

Nel caso di GBR verticale qui presentato è stata applicata una nuova tecnica, introdotta dal dott. Ronda di Genova, che consente di aumentare l’entità della passivazione del lembo linguale. La maggior quota di passivazione ottenibile permetterebbe, secondo l’autore, di incrementare le possibilità rigenerative nei settori latero-posteriori mandibolari e di ridurre l’incidenza delle complicanze, molte delle quali sono proprio attribuibili ad una non sufficiente gestione dei lembi.

Il posizionamento degli impianti contestualmente alla chirurgia ha contribuito alla stabilizzazione meccanica dell’innesto e ridotto il numero delle chirurgie necessarie. Particolare attenzione è stata adottata nel posizionamento della membrana, fissata con 5 pin in titanio, i cui margini sono stati sagomati in modo tale da mantenere una distanza di 1,5-2mm dal parodonto dei denti adiacenti. Il rinforzo in titanio incorporato nella membrana ha consentito di attribuire all’innesto la forma desiderata, che è stata fedelmente riprodotta dall’osso neoformato, come si osserva nella fotografia della seconda chirurgia, avvenuta a 5 mesi dal primo intervento. Il materiale da sutura principalmente usato è stato un 4-0 in d-PTFE della Cytoplast, così ben tollerato dai tessuti molli e poco affine alla colonizzazione batterica da essersi quasi incorporato nei tessuti (il che ha comportato qualche lieve difficoltà durante la rimozione della sutura).

Da notare l’abbondante spessore di nuovo osso intorno alle piattaforme implantari, requisito necessario per il mantenimento nel tempo della componente verticale della rigenerazione.

Foto 1: Situazione Iniziale

Si evidenzia lo spazio edentulo intercalato in mandibola posteriore affetto da atrofia verticale.

Foto 2: Lembo Linguale

L’applicazione della tecnica del dr Marco Ronda di Genova consente una passivazione abbondante del lembo linguale, requisito indispensabile per ottenere una successiva chiusura dei lembi al di sopra dell’innesto, che sia priva di tensione.

Foto 3: Impianti In Situ

Gli impianti vengono posizionati  4mm fuori cresta, anticipando la rigenerazione verticale. Gli impianti inseriti contestualmente alla manovra rigenerativa hanno anche la funzione di stabilizzare meccanicamente il complesso membrana-innesto.

Foto 4: Membrana In Situ

Viene applicata una membrana non riassorbibile in d-PTFE rinforzata in titanio a copertura del biomateriale. I margini prossimali della membrana vengono sagomati in modo da collocarsi a 1,5-2mm dal parodonto dei denti adiacenti.

Foto 5: Rimozione Sutura 15gg

Visione della ferita a 15 giorni dall’intervento, in occasione della rimozione della sutura.

Foto 6: Tessuti Molli 5 Mesi

Visione dell’area a 5 mesi dall’intervento, prima del rientro chirurgico.

Foto 7: Esposizione Membrane

Visione della membrana alla riapertura. Da notare come la membrana abbia mantenuto nel tempo la forma conferita durante la prima chirurgia, merito dell’effetto stabilizzante degli impianti e del rinforzo in titanio incorporato nella membrana.

Foto 8: Membrana Sollevata

Alla rimozione della membrana si rende visibile il tessuto rigenerato.

Foto 9: Piattaforme Implantari

La rimozione del sottile strato di connettivo dalla sommità delle piattaforme implantari (che sempre ricopre l’osso di nuova formazione nelle tecniche di gbr), evidenzia l’abbondante  diametro orizzontale del tessuto osseo neoformato intorno alle teste degli impianti.

Foto 9: Viti di Guarigione

Applicazione delle viti di guarigione e sutura.