Equimatrix® ed il lembo linguale: intervista con il dr Paolo Rossetti di Milano.

Video

Video: Equimatrix nella Rigenerazione Ossea Guidata Mandibolare.

Dr. Paolo Rossetti
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Casi clinici

Aumenti di volume orizzontali e verticali con tecnica GBR con l’impiego di osso eterologo (Equimatrix®) e membrane in dPTFE (Cytoplast® Ti250).

Dr. Paolo Rossetti
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Poster

Surgical Anatomy of the lingual Flap in Guided Bone Regeneration Procedures: Report of three Cases.

Dr. Paolo Rossetti
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Incontriamo il dott. Paolo Rossetti di Milano per discutere di alcuni temi di chirurgia rigenerativa. Conosciamo il dott. Rossetti sin dagli inizi della sua carriera di “rigeneratore” e lo abbiamo seguito in questi anni nel suo percorso professionale.

Appassionato di informatica ed assiduo contributore di blog dedicati all’implantologia, ha vinto il premio per il miglior poster (categoria case report) al recente congresso nazionale della SIO con un lavoro sull’anatomia chirurgica del lembo linguale.

D – Recentemente ha avuto modo di utilizzare Equimatrix®, sostituto d’osso eterologo, per la rigenerazione ossea guidata. Quali sono le sue impressioni?

R – Personalmente ho eseguito un numero limitato di chirurgie, i cui esiti non possono avere valenza scientifica. Tuttavia le prime impressioni sono positive.

D – In effetti ci risulta che alcuni suoi casi di GBR hanno attirato l’interesse dell’azienda statunitense Osteohealth, il produttore di Equimatrix®…

R – È vero, sono stato contattato da New York dal direttore commerciale di Osteohealth che mi ha proposto una collaborazione, dopo aver visto un mio caso di GBR verticale su un noto portale internet dedicato all’implantologia. In effetti quel caso in particolare presentava alcune peculiarità interessanti.

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D – A cosa si riferisce?

R – Durante la seconda chirurgia, mentre stavo rimuovendo la membrana, ho inavvertitamente asportato un piccolo lembo di pseudoperiostio, quel sottile strato di connettivo che ricopre l’osso neo-formato, denudando così l’innesto.

Si trattava di una rigenerazione verticale, quindi biologicamente impegnativa, a soli 6 mesi dalla prima chirurgia e mi sarei aspettato di poter distinguere ancora i granuli di biomateriale in superficie. Al contrario l’innesto appariva perfettamente corticalizzato e pressochè indistinguibile dall’osso basale circostante. Questo aspetto si può notare sia nella documentazione fotografica sia in quella video.

D – Conclusioni?

R – Penso che questo risultato (ottimo nel suo aspetto intraoperatorio) sia dovuto al connubio tra un biomateriale che funziona ed una risposta biologica del paziente insolitamente favorevole.

Altri casi di GBR voluminose hanno avuto performance buone, sebbene più “normali”.


Guarda il caso in video

D – Come mai ha scelto di utilizzare il solo osso eterologo anche per procedure rigenerative verticali?

R – La scelta è stata dettata dal desiderio di evitare il prelievo di osso autologo e dalla difficoltà di proporre ad alcuni pazienti un sostituto osseo omologo, cioè di derivazione umana. Iniziano, comunque, ad emergere studi che confermerebbero l’efficacia del solo eterologo.

D – Ha mai avuto esposizioni di membrana?

R – Per il momento no. Prima o poi accadrà, immagino, per cui sono molto interessato all’esperienza dei colleghi su questo tipo di complicanza. Devo dire di aver ricevuto un ottimo insegnamento a riguardo dall’amico e maestro Dott. Marco Ronda di Genova.

Tuttavia in seguito ad interventi di GBR ho avuto, soprattutto agli inizi, alcune soffusioni ematiche importanti. E’ probabile quindi che una certa mia tendenza ad iper-passivare i lembi da un lato mi abbia messo al riparo dalle esposizioni, dall’altro abbia favorito l’insorgenza di piccole complicanze emorragiche. La parola “passivazione” è elegante, ma la biologia, che di semantica non sa nulla, la interpreta come un’aggressione chirurgica.

D – Ci fa vedere anche altri casi?

Aumenti di volume orizzontali e verticali con tecnica GBR con l’impiego di osso eterologo (Equimatrix®) e membrane in dPTFE (Cytoplast® Ti250).

D – Il suo poster sull’anatomia del lembo linguale, tema di grande attualità, ha vinto il primo premio nella categoria case report all’ultimo congresso della Società Italiana di Implantologia Osseointegrata (SIO). Ci vuole accennare al suo contenuto?

R- La passivazione del lembo linguale ha sin dall’inizio suscitato il mio interesse. Approfondendo l’argomento ho appreso che la letteratura proponeva diverse tecniche, ma di queste faticavo a cogliere un filo conduttore comune. In base ad alcune osservazioni intraoperatorie ho evidenziato l’esistenza di uno stretto rapporto anatomico tra il muscolo miloiodeo ed il periostio linguale, che spiega la possibilitá di separare facilmente le fibre superficiali del muscolo dal suo piano profondo. Ritengo che questo comportamento del tessuto, non descritto in precedenza, consenta di comprendere appieno il significato delle tecniche proposte in passato.

D – Quali sono i risvolti pratici delle sue osservazioni?

R – Si tratta sostanzialmente di un piccolo contributo al dettaglio anatomico di un’area considerata chirurgicamente delicata. Inoltre viene suggerito che la passivazione del lembo linguale richiede sempre un’interruzione del periostio. Non tutti gli autori sono concordi su questo aspetto.

D – È stato un lavoro impegnativo?

R – Sì, considerato che sono assorbito dalla libera professione. Ha richiesto più di un anno di sviluppo, numerose chirurgie, ricerche bibliografiche ed approfondimenti anatomici su cadavere. Ha comportato un certo impegno anche la parte grafica e l’impaginazione. Tutto opera del sottoscritto.

Desidero comunque ringraziare i colleghi esperti di GBR che mi hanno supportato con dei consigli e De Ore per l’incoraggiamento ed alcuni utili suggerimenti. Devo inoltre ringraziare il dott. Luigi Grivet Brancot di Torino per avermi messo a disposizione una sessione del corso di anatomia su cadavere di Liegi, da lui diretto, per alcuni approfondimenti anatomici.

D – L’argomento trattato è molto tecnico. Se qualcuno dei nostri lettori desiderasse ulteriori delucidazioni a riguardo?

R – Chi lo desidera può contattarmi personalmente via mail p.rossettimilano@gmail.com oppure pubblicamente sul blog di Osteocom (http://bit.ly/anatomialembo), dove queste osservazioni sono state pubblicate l’anno scorso.

D – Cosa le piace di più nella vita?

R –  Cercare, qualche volta trovare e (più raramente) riuscire. Che cosa, poco importa. E’ una questione di metodo.

GBR Symposium: 17 e 18 Maggio a Milano

Le tecniche rigenerative sono ad appannaggio di pochi operatori specializzati?
Se le membrane si espongono è tutto perso?
I sostituti ossei sono tutti uguali e allora è meglio usare quello bovino?
Quando c’è una peri-implatite è meglio togliere l’impianto?

Il dr Hom-Lay Wang dell’Università del Michigan insieme ad affermati clinici Italiani condivideranno le loro esperienze e le loro conoscenze nel GBR Symposium che si terrà il 17 e 18 Maggio a Milano-Assago.

Chairman saranno il dr Barry Bartee di Osteogenics Biomedical e il prof. Massimo Simion dell’Università di Milano.

L’obiettivo dell’incontro è estremamente pragmatico: apprendere nuove tecniche e confrontarsi con  nuove evidenze e nuovi materiali per cambiare i vecchi paradigmi: dai casi più semplici a quelli più complessi.

Inoltre Sabato mattina ci sarà un corso monotematico sugli aumenti di volume nel mascellare superiore.

Sarà un incontro stimolante, per operare in modo diverso già il “Lunedì mattina”.

Arrivederci a Milano

De Ore

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Membrane riassorbibili e non: due esempi di indicazioni del dr Fabio Mazzocco

Casi clinici

Terapia Rigenerativa con Membrana non Riassorbibile.
Dr. Fabio Mazzocco

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Terapia Rigenerativa con Membrana Riassorbibile.
Dr. Fabio Mazzocco

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La scelta clinica tra l’impiego di membrane riassorbibili e non riassorbibili è sempre materia di discussione. La decisione dipende da molti fattori tra cui la morfologia del difetto, i rischi d’esposizione, la confidenza dell’operatore con le une o le altre. Ne parliamo con il dr Fabio Mazzocco di Padova,  giovane clinico nostro cliente che condivide con noi due casi clinici esemplificativi.


D – Dr Mazzocco, è ancora necessario l’impiego delle membrane in PTFE non riassorbibili?

Un famoso filosofo americano Abraham Maslow ha detto: ”Se tutto quello che abbiamo è un martello ogni problema inizierà ad assomigliare ad un chiodo ….” E’ indubbio che vi siano a nostra disposizione membrane riassorbibili molto più semplici da utilizzare, ma quando dobbiamo trattare difetti critici non contentivi molto severi (verticali o orizzontali) vi è la necessità di membrane più rigide in grado di mantenere lo spazio all’interno del quale avverrà la rigenerazione ossea. Senza le membrane in d-PTFE certi difetti non sarebbero altrimenti trattabili con successo.

D – Le membrane riassorbibili sono tutte uguali?

Le membrane riassorbibili, seppur si presentino molto simili tra di loro, in realtà possono essere molto differenti. Quelle più diffuse sono quelle in collagene e tra queste si distinguono due grandi gruppi: quelle in collagene non intrecciato e quelle in collagene intrecciato. Le prime solitamente sono leggermente più maneggevoli, ma allo stesso tempo hanno un tempo di riassorbimento più rapido di circa 8 settimane. Quelle in collagene intrecciato – cross linked come le RTM Collagen – sono leggermente più rigide ed hanno un tempo di riassorbimento molto più lento, di circa 6 mesi, che le rende le membrane di scelta per il trattamento di severi difetti ossei pre o peri-implantari.

D – È necessario l’impiego di sostituti ossei?

L’impiego di sostituti ossei è sicuramente molto importante. La mia scelta verte quasi sempre su una combinazione di un osso eterologo deprotenizzato ed un osso omologo (FDBA). Il primo, avendo un tempo di riassorbimento molto lento, garantisce una ottima stabilità tissutale nel tempo; il secondo, riassorbendosi maggiormente, conferisce una maggior percentuale di osso vitale nel tessuto rigenerato. Non ho ancora utilizzato enCore™ Combination Allograft ma il razionale di combinare osso mineralizzato e demineralizzato nella stessa confezione mi sembra abbia senso.

D – Lei ha un background negli USA. Cosa si è portato in Italia di particolare (in merito alla GBR)?

Aver frequentato un programma triennale di paradontologia presso la TUFTS University di Boston ha veramente cambiato la  mia vita, non solo dal punto di vista professionale, ma anche umano… Per quanto riguarda la GBR, la formazione statunitense mi ha aiutato più di tutto a sviluppare una forma mentis basata sull’evidenza scientifica e sulla reale comprensione di quello che facciamo. Mi piace definire il nostro lavoro “un’arte basata sulla scienza”: se non conosciamo la scienza possiamo ripetere meccanicamente quello che vediamo, ma faremo sempre molta fatica a comprendere le ragioni dei nostri successi e dei nostri fallimenti e quindi non riusciremo mai a migliorarci.

D – Ha visto differenze tra l’impiego di membrane tra gli USA e l’Italia?

Ormai il mondo è così globalizzato che quello che viene fatto in America molto rapidamente si diffonde nel resto del mondo e viceversa… La gran differenza è nel processo formativo; l’attività educativa in America si basa in gran parte sull’aspetto pratico. Nei tre anni di programmi, quasi quotidianamente eseguivamo interventi di chirurgia rigenerativa, inizialmente a stretto contatto con i nostri professori  e poi sempre più autonomamente. Il fatto che nel corso fossimo in 6 è stato fondamentale per il confronto costruttivo e la condivisione dell’entusiasmo dei professori.

D – I corsi e i congressi di chirurgia sono frequentati più dagli over 50 che dai giovani come lei… 

L’ho notato anch’io. L’entusiasmo e la passione che tanti giovani hanno dovrebbe essere esaltata e anche le aziende dovrebbero contribuire in questo senso, magari con iniziative specifiche.

D – La membrana Cytoplast® l’ha conosciuta prima in America e poi in Italia. Che impressione ne aveva avuto?

La mia esperienza nell’utilizzo di membrane non riassorbibili è iniziata con le Gore poi affiancate dalle Cytoplast®. Mi sono subito trovato molto bene, la maneggevolezza è ottima del tutto simile a quelle della Gore col vantaggio però che nei casi di esposizione che ho avuto con le Cytoplast® la risposta tissutale limitrofa all’area di esposizione è stata migliore con una minima risposta infiammatoria.

D –  Ci svela un piccolo segreto chirurgico? 

DIVERTIRSI!! Il nostro lavoro è bellissimo, è uno stimolo quotidiano! Ogni giorno ci mettiamo alla prova ed aiutiamo i nostri pazienti. Se non ci divertiamo lavorando ogni giorno sarà un routinario “taglia e cuci” e non riusciremo mai a raggiungere risultati ragguardevoli. Documentare i casi e confrontarli con i colleghi ci aiuta enormemente perché ci permette di valutare molto criticamente il nostro lavoro prendendo continui spunti per migliorarsi.

D – Cosa le piace di più nella vita?

Sono un entusiasta e dunque faccio fatica a darle una risposta univoca… In generale mi piace la positività, l’entusiasmo e l’impegno di chi garbatamente cerca di dare un piccolo contributo per migliorare quello che lo circonda.

Intervista al dr. Fallico: membrane coperte, intenzionalmente esposte e incidentalmente esposte.

Casi clinici

Rigenerazione verticale con membrane Cytoplast Ti250 rinforzate con titanio.
Dr. Eugenio Fallico

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Ricostruzione Alveolare Post-Estrattiva con l’Impiego di Membrane Cytoplast TXT.
Dr. Eugenio Fallico

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Aumento dei volumi crestali persi in associazione al posizionamento impiantare con esposizione di membrana.
Dr. Eugenio Fallico

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Le membrane Cytoplast in d-PTFE (pori da 0,3 micron) hanno aperto un nuovo scenario sull’impiego delle membrane non riassorbibili non solo per la GBR.
Infatti qualora si dovessero esporre il risultato sembra non sia compromesso come lo era nel caso d’esposizione accidentale delle membrane in PTFE espanso.
Inoltre in certe applicazioni vengono lasciate anche intenzionalmente esposte. 

Parliamo di questo e di altri argomenti con il dr Eugenio Fallico, clinico di Firenze e nostro cliente, che ha sviluppato una notevole esperienza con le membrane in dPTFE Cytoplast®. Il dr Fallico gentilmente condivide con noi e con voi tre casi che riflettono diverse situazioni cliniche.

D – Dr Fallico,  prima delle membrane Cytoplast® ha usato anche altre membrane non riassorbibili?

R – Faccio GBR da molto tempo e in passato ho usato membrane GORE sia riassorbibili che non riassorbibili.

D –Che differenze ha notato con le membrane in dPTFE Cytoplast?

R – Nei casi di esposizione precoce sono sempre stato costretto a rimuovere la membrana Gore e talvolta ho trovato un’infezione importante. Le membrane Cytoplast®Cytoplast TXT-TI250 sono più rigide ma mantengono bene lo spazio, si modellano bene ma nel caso di esposizione posso avere maggior controllo sull’infezione. Inoltre la rimozione è facilitata. La membrana non è mai “impastata” con tessuti, eventualità che comporta il rischio di lasciare qualche frammento di PTFE in sito.

D – Cosa ne pensa dell’esposizione?

R –L’ingegneria del materiale almeno in certi casi consente di lasciare la membrana in dPTFE intenzionalmente esposta. Quando l’ho fatto non ho mai avuto infezioni. Nei casi (per fortuna pochissimi) d’esposizione incidentale ho trovato solo una modesta flogosi nel punto d’esposizione.

D – Esegue gli aumenti di volume con la GBR in associazione o meno a impianti?

R –  Non c’è una regola fissa. L’associazione la eseguo di frequente ma talvolta preferisco un approccio differenziato ad esempio  se è presente una parte ascesualizzata perché non merita rischiare.

D – Quando suggerisce l’impiego di una membrana intenzionalmente esposta?

R – In due casi: l’alveolo post-estrattivo (socket preservation) e negli impianti post estrattivi immediati quando non si voglia creare tensione sui tessuti molli. Infatti qualora i tessuti siano insufficienti per garantire una buona chiusura e si deve fare uno sbrigliamento, dal punto di vista estetico il risultato può diventare molto brutto. Si può ovviare posizionando un dPTFE per qualche settimana.

D – Lei è stato uno dei primi utilizzatori in Italia di enCore™ Combination Allograft, il sostituto omologo che contiene osso mineralizzato e demineralizzato nella stessa confezione. Qual è il suo giudizio dopo qualche mese?

R – enCore™ Combination Allograft mi ha meravigliato per la qualità della rigenerazione. Ad esempio nel caso del poster non ho applicato nessuna porzione di osso autologo. Ho solo aggiunto PRGF (concentrato piastrinico) che è un buon ausilio. Lo considero un coagulo che consente di posizionare bene il materiale e i tessuti molli guariscono un po’ prima.

D – Come ha trovato la maneggevolezza di enCore™ Combination Allograft?

R – È senza dubbio ottima: si idrata molto bene. E’ anche decisamente migliore rispetto ad altri tessuti omologhi di banca di cui alcuni, purtroppo,  lasciano anche un cattivo odore per diverso tempo e di cui i pazienti si lamentano. enCore™ Combination Allograft lo trovo friabile come lo standard dell’osso bovino.

D – Che cosa le piace di più nella vita?

R –  Beh, a me piacciono molto due aspetti della vita: la chirurgia e il secondo non glielo posso dire …

Dr. Fornengo: “Dal 2010 con NanoBone®”

Casi clinici

Sinus lift con idrossiapatite nanocristallina (NanoBone®) e carico immediato nella
riabilitazione delle gravi atrofie del mascellare.

Dott. D. Fornengo, Dott. G. B. Fornengo, Odt. R. Ronco

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I dottori Fornengo, Bruno il padre e Davide il figlio, sono stati tra i primi clinici Italiani ad utilizzare NanoBone®. Gli abbiamo chiesto di condividere con noi le loro esperienze cliniche.

Dr Davide, dove ha impiegato principalmente NanoBone®?
L’abbiamo impiegato in varie situazioni cliniche ma soprattutto nei grandi rialzi di seni mascellari, sia tradizionali che con impianti zigomatici.

Qual’è stata la ragione del cambiamento?
La riabilitazione del mascellare posteriore, con la tecnica del sinus lift, è sempre stata sinonimo di lunghi tempi di guarigione prima di poter inserire le fixture e lunghi tempi di attesa prima che il paziente potesse essere riabilitato protesicamente.
Siamo rimasti colpiti dal lavoro che J. Meier pubblicato nel 2008 in cui nei pazienti trattati con NanoBone ha riscontrato istologicamente “un’organizzazione accelerata e una nuova formazione ossea che dopo soli tre mesi ha portato un solido strato osseo per un posizionamento degli impianti con stabilità primaria nell’aumento del seno mascellare”. Poiché un inserimento implantare precoce e un carico funzionale stimolano il nuovo osso e prevengono la perdita di volume, questa possibilità ci è interessata particolarmente.
Inoltre il lavoro di Canullo pubblicato su Clin Impl Dent Rel Res e il recente studio istologico nel 2012 di S. Ghanaati pubblicato su Implant Dent Relat Res. hanno riconfermato che “l’inserimento impiantare nelle regioni aumentate con NanoBone può essere considerato già dopo tre mesi”.

Eseguite inserimento e carico contestuale a tre mesi?
Nel 2010 J. Chow ha pubblicato sul JOMI un lavoro con cui ha dimostrato che nella sua casistica è possibile ridurre, in maniera predicibile, i rischi di sinusite mascellare nelle ricostruzioni del mascellare eseguite con sinus lift e carico immediato. Noi concordiamo con questa ipotesi.

Avete eseguito molti casi?
Dal 2010 abbiamo utilizzato sempre il medesimo riempitivo e la medesima tecnica chirurgica, descritti in letteratura, tra cui su più di dieci casi com impianti zigomatici con le modalità che è possibile vedere nel caso presentato.

nanobone-2Maggiori informazioni su Un commento a questo caso di rialzo con inserimento di un impianto zigomatico?
Nelle TC low-dose di controllo che abbiamo eseguito a 6 mesi è stato possibile verificare che:
– l’idrossiapatite nanocristallina è completamente colonizzata da osso rigenerato
– la densità ossea a soli 6 mesi dall’intervento è paragonabile a quella della corticale del mascellare nell’analisi colorimetrica degli hunsfield
– non vi è alcuna reazione sinusale all’idrossiapatite nanocristallina e le fixture non mostrano alcun segno radiologico di reazione avversa.

Dr. Belleggia: “Inizialmente ho utilizzato NanoBone® nel seno mascellare…”

Casi clinici

Rigenerazione laterale con membrana Cytoplast in d-PTFE rinforzata in titanio e innesto di NanoBone® – 1.
Dr. Fabrizio Belleggia

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Rigenerazione orizzontale con membrana Cytoplast in d-PTFE rinforzata in titanio e innesto di Nanobone® – 2.
Dr. Fabrizio Belleggia

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Dr. Belleggia, da quanto tempo utilizza NanoBone®?
Da circa 2 anni e mezzo. Lo utilizzai inizialmente nel seno mascellare, nei casi di rialzo per via laterale nei quali non era possibile l’inserimento implantare contestuale. Questo mi ha dato l’opportunità di poter valutare istologicamente il tessuto rigenerato.

Cosa ha riscontrato nei suoi studi istologici?
Le carote asportate per l’inserimento implantare erano di innesti di particelle di NanoBone® a granulometria grande miscelati ad un 10-15 % di osso autologo corticale prelevato in loco per la preparazione della botola con il raschietto. In tutte le sezioni istologiche esaminate vi era una notevole formazione di nuovo osso, nessun segno di infiammazione né di incapsulamento fibroso, e un’ottima capacità osteoconduttiva del materiale.

Queste osservazioni l’hanno spinta ad utilizzare questo tipo di materiale anche per altri tipi di interventi?
A dir la verità avevo già cominciato ad utilizzare il particolato a granulometria piccola nella preservazione degli alveoli post-estrattivi ben prima di analizzare le carote dei seni mascellari. L’ho sempre coperto con tessuto epitelio-connettivale, membrane o con un lembo connettivale ruotato. Negli alveoli post-estrattivi la formazione di nuovo osso era ancora maggiore così come il grado di riassorbimento del materiale dopo 5-6 mesi.

nanobone-2Maggiori informazioni su L’utilizzo del NanoBone® in GBR ha portato risultati altrettanto positivi?
In GBR ho avuto i risultati più sorprendenti. L’ho utilizzato puro nei casi di difetti più contenitivi, e miscelato con osso autologo in pari quantità per le rigenerazioni di deficit ossei più importanti. In entrambe le situazioni ho sempre ritrovato le particelle del materiale in stretto contatto con osso di nuova formazione che spesso le circondavano completamente.

Dal 1988 a oggi: cos’è cambiato nella GBR. Intervista con il Prof. Massimo Simion.

La prima volta che abbiamo incontrato il prof. Massimo Simion è stato il 30 Novembre 1988 quando a Rimini il dr Sture Nyman ha presentato per la prima volta la GTR a un congresso della SIdP. All’epoca non si parlava ancora di GBR e il prof. Simion avanzò l’ipotesi: “… e se la tecnica GTR venisse impiegata su gli impianti dentali?”

Il 16 Novembre 2012 il Prof. Simion e il Dr. Maschera terranno il corso “Implantologia e GBR nei settori estetici: dalla diagnosi al risultato.
Tecniche attuali e nuove prospettive.” a Milano
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Dal 1988 ad oggi, cosa è cambiato nella GBR?
Niente !! (risata). Scherzi a parte io identifico tre periodi:

Casi clinici

Rigenerazione verticale ed orizzontalein un settore estetico.
Prof. Massimo Simion

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  • Dal 1989 al 1996 il periodo dello sviluppo, durante il quale sono stati individuati gli strumenti (viti di sostegno, viti di fissaggio, materiali da riempimento ecc.) e le tecniche chirurgiche per applicare la GBR nella pratica clinica;
  • Dal 1996 al 2005 il periodo del consolidamento, durante il quale sono stati condotti gli studi prospettici e retrospettivi e sono stati valutati i risultati a lungo termine;
  • Dal 2006 ad oggi il periodo della ricerca della semplificazione, perché si sta lavorando sui principi dell’ingegneria tissutale per adottare tecniche sempre meno invasive, rinunciando ai prelievi di osso autologo e utilizzando i fattori di crescita.

Il primo caso di GBR verticale è stato pubblicato da lei in Italia sulla Rivista di Osteointegrazione nel 1992 e sempre nel 1992 sull’IJPRD sono stati pubblicati 6 altri casi. Ha più visto quei pazienti?
Quei primi pazienti li continuo a vedere e l’osso appare molto stabile. In quei primi casi sotto la membrana usavo solo il coagulo ematico e impianti a superficie liscia tipo Branemark.

Come sarebbe la membrana ideale?
Sarebbe una membrana riassorbibile che possa rimanere integra per sei mesi e quindi riassorbirsi in pochi giorni. Fino ad oggi sono stati fatti diversi tentativi ma nessuno ci è riuscito e mi chiedo se sia fattibile… Per la GBR di certe dimensioni il PTFE resta l’unica opzione valida.

La permeabilità della membrana è importante?
Nel lavoro sperimentale che abbiamo condotto e pubblicato nel 1999 con diversi prototipi si è visto che non serve.

Se si esponesse un membrana come si comporterebbe?
Penso che l’esposizione sia sempre un evento indesiderato. Appena c’è un minimo segno di infezione dei tessuti io ho sempre rimosso la membrana. Non ho ancora nessuna esperienza in tal senso con la membrana Cytoplast, che è in PTFE denso, ma sarei sempre molto cauto perché un’esposizione, soprattutto se prolungata, può comportare una migrazione batterica lungo i bordi del materiale.

Impianti corti o GBR?
Tutti e due. Nei settori non estetici ci sono indicazioni ben diverse per la GBR e gli impianti corti; nelle zone estetiche c’è solo GBR: non è possibile inserire impianti corti e fare dei denti lunghi.

A novembre organizzeremo a Milano un corso sulla GBR nelle zone estetiche.  Quali sono i plus di questo incontro?
Soprattutto nelle zone anteriori non ci può permettere di fare una riabilitazione con impianti senza considerare il risultato estetico. Pertanto abbiamo il dovere di utilizzare tecniche, quali la GBR, per dare un’estetica soddisfacente per il paziente. Io e il dr Maschera cercheremo di spiegare non solo come si aumentano i volumi ossei in modo predicibile ma affronteremo nei dettagli anche come si deve gestire i tessuti molli per un risultato estetico ottimale.

Cosa le piace di più nella vita?
La mia filosofia di vita dice che è importante divertirsi lavorando ma anche avere interessi alterativi al lavoro. A me piace fare fotografia subacquea e realizzare dei documentari naturalistici: ne ho completato uno sul Madagascar.

Il 16 Novembre 2012 il Prof. Simion e il Dr. Maschera terranno il corso “Implantologia e GBR nei settori estetici: dalla diagnosi al risultato. Tecniche attuali e nuove prospettive.” a Milano. Maggiori informazioni

Membrane Riassorbibili e Non Riassorbibili. A colloquio con il dr Urban Istvan.

Il dr Urban Istvan di Budapest è uno dei principali esperti Europei della tecnica GBR. Insegna alla Loma Linda University negli USA, è Guest lecturer all’Università di Berna e di Szeged in Ungheria. Il suo studio è a Budapest, dove tiene dei corsi di implantologia avanzata. Ci conosciamo da molti anni e abbiamo discusso di vari aspetti delle tecniche GBR che vogliamo condividere con i nostri clienti.

Dal 24 Maggio 2012 – Corso “Current Regenerative Techniques in Implant Therapy – GBR Course o Soft Tissue Course” a Budapest (HU)
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Sebbene lei sia uno dei principali esperti di tecniche di rigenerazione verticale ed orizzontale con membrane in PTFE, nelle sue presentazioni, come lo scorso anno al congresso della SIdP, mostra frequentemente molti casi eseguiti con membrane riassorbibili. Quale differenza tra le due procedure?
Uso da sempre e continuo ad usare le membrane in PTFE con rinforzo in titanio per tutti i casi di rigenerazione verticale e in molti casi di rigenerazione orizzontale. Tuttavia impiego anche con una certa frequenza le membrane riassorbibili nella GBR orizzontale con la tecnica che ho chiamato “sausage”. Per le rigenerazioni tridimensionali verticali l’impiego di materiali in PTFE con rinforzo è comunque ancora indispensabile.

Casi clinici

1. Tecnica “sausage” per la GBR orizzontale.
Dr. Istvan Urban
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2. Rigenerazione verticale ed orizzontale simultaneamente ad un rialzo del seno.
Dr. Istvan Urban
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Impiega  tecniche diverse con le diverse membrane?
Le tecniche chirurgiche sono sostanzialmente uguali, sebbene qualche importate differenza ci sia.
La tecnica con le membrane riassorbibili si può considerare più facile perché non c’è la necessità di rimuovere la membrana, ma si deve prestare una particolare attenzione all’immobilità della barriera. La membrana deve sempre essere fissata e leggermente tirata, tesa, perché l’innesto d’osso deve essere assolutamente immobilizzato: questo è un aspetto fondamentale.

In caso di esposizione come si comporta?
Nel caso di esposizione di una riassorbibile forse non si perde tutto l’osso in fase di rigenerazione. Per questo l’impiego con le riassorbibili sembra essere una tecnica più sicura.
Nel caso di una non riassorbibile in PTFE ad alta densità penso che proverei a lasciarla per circa 2-4 mesi, se non c’è infezione.
Personalmente ho avuto una sola esposizione in 14 anni e quindi le mie affermazioni su questo argomento sono più speculazioni che riscontri sulla base di esperienza diretta.
Comunque in un capitolo di un libro intitolato Implant Site Developement edito da Wiley spiego in dettaglio tutte le possibili gestioni delle complicanze nel caso di esposizione.

Quando rimuove le membrane?
Sono un conservatore in questo. Nei casi con componenti verticali riapro le GBR con PTFE a 8/9 mesi. Dico sempre che la GBR è come una gravidanza perchè di fatto avvengono gli stessi step biologici dell’embrione.
Nei casi con componente orizzontale a volte riapro a 6 mesi, ma mediamente a 8 mesi. A quattro mesi il tessuto è ben vascolarizzato, ma nel caso di inserimento implantare c’è un rischio di frattura ossea.

Che sostituti ossei usa?
Maggiore è la componente verticale maggiore è l’importanza delle proprietà osteogeniche dell’osso autologo. Uso sempre 50% di osso autogeno e 50% di osso inorganico eterologo. Ci sono altre interessanti possibilità che stiamo valutando.

GBR e impianti differiti o GBR simultaneamente agli impianti?
Nella rigenerazione verticale valuto di volta in volta quanto è complesso e rischioso fare tutto nella stessa procedura, ma uso quasi sempre l’approccio differito perché nel caso di una complicazione non perderei tutto l’osso. Per esempio abbiamo documentato che un’infezione nel seno non necessariamente si estende a tutto l’innesto.
Nella rigenerazione orizzontale è più sicuro l’approccio in due step chirurgici ma molto spesso inserisco gli impianti contestualmente alla GBR.

Consigli ai colleghi?
Frequentare dei training specifici e qualificati è un must. In Italia ce ne sono tanti.

Perchè un corso di GBR a Budapest?
Il corso che organizziamo è completo. Affrontiamo tutte le regioni della bocca, tutti i tipi di aumenti di volume e anche la riabilitazione dei tessuti molli, la plastica dei tessuti molli soprattutto nelle regioni anteriori ….. e cerchiamo di essere bio/logici, di applicare la logica alla biologia.

Penultima domanda: cosa ne pensa delle membrane intenzionalmente esposte nei siti postestrattivi?
Ho provato, funzionano: guarigione meravigliosa e non si disturba la giunzione muco gengivale.

Ultima domanda: cosa le piace di più nella vita?
Trascorrere del tempo con la mia famiglia e i miei figli, magari facendo kajaking, sport che pratichiamo tutti a livello agonistico. La nostra house boat sul Danubio è un punto di partenza ideale…

Il Dr. Istvan Urban terrà il corso “Current Regenerative Techniques in Implant Therapy” dal 24 Maggio a Budapest (HU). Maggiori informazioni

istvan@implant.hu

Dagli aumenti di volume agli alveoli postestrattivi – A colloquio con il dr Luca Signorini di Roma

Parliamo con il dr. Luca Signorini di Roma della sua personale esperienza con la GBR, dagli inizi alla costruzione di un solido know-how che condivide con i colleghi.

Quando ha iniziato con la GBR?
Ho iniziato 18 anni fa leggendo le pubblicazioni e seguendo  i corsi di Sture Nyman sulla GTR. Successivamente ho conosciuto la GBR tramite i corsi tenuti dagli specialisti del settore. Come tanti ho avuto degli insuccessi iniziali che inizialmente mi avevano portato ad abbandonare la tecnica ma, da qualche anno, ho appreso una corretta gestione dei tessuti molli e ho avuto una serie di risultati estremamente positivi che mi hanno spinto a reintrodurla fino a diventarne un entusiasta utilizzatore.

Casi clinici

1. Membrana in dPTFE (ad alta densità) lasciata intenzionalmente esposta. Case report con sito controllo.
Dr. Luca Signorini

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2. Doppia GBR Nel Mascellare Superiore.
Dr. Luca Signorini

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Quanti casi e quanti fallimenti?
Non saprei quantificare esattamente il numero di interventi nella prima fase, spesso svolti come collaborazioni. Penso però di aver avuto inizialmente circa il 30-35% di esposizioni, il che significava insuccesso o parziale successo. Da cinque anni ad oggi ho eseguito circa 70-80 casi di grosse rigenerazioni con esposizioni attualmente intorno al 3-5% nei casi di rigenerazione laterale e nessuna esposizione in GBR verticale, che è la tecnica che eseguo da minor tempo e quindi con una curva di apprendimento maggiore e per la quale ringrazio l’amico Marco Ronda che mi ha elargito insegnamenti e consigli.

Qual è stato il fattore del cambiamento?
Al di là della frequentazione di corsi specifici di GBR, è stato un mio stimolo che mi ha spinto a voler migliorare soprattutto nella gestione dei tessuti molli. Devo molti dei miei successi alle modalità mutuate dalla chirugia parodontale moderna ed ho messo a punto alcune tecniche personali per i tessuti che a breve pubblicherò.

Cosa l’ha spinta a continuare a credere nella GBR anche nella fase iniziale in cui si verificavano esposizioni?
Indubbiamente è una tecnica poco invasiva e versatile, utilizzabile laddove le alternative sono rappresentate da prelievi ossei importanti. E’ l’unica che permette quasi sempre l’inserimento contestuale degli impianti e ha il più ampio supporto della letteratura internazionale. Cito le parole dell’insuperabile Carlo Tinti che dice che la GBR quando hai imparato ad usarla è come un’auto sportiva che più spingi sull’acceleratore più corre veloce!

In che tipo di difetti l’impiega?
La tecnica può essere applicata in una molteplicità di situazioni. Il limite non è il difetto ma è solo la motivazione del paziente che deve capire e contribuire al successo della terapia. Forse l’unico limite clinico è nei casi di edentulia totale dove la gestione dei lembi è problematica ed in genere c’è una protesi mobile che poggia sui tessuti e quindi insisterebbe sulla membrana.

Membrane riassorbibili o non riassorbibili?
Riassorbibili ne uso poche e quasi esclusivamente per coprire la finestra dopo un sinus lift.  Infatti la letteratura internazionale ci dice che in questo modo aumentano le percentuali di successo. Uso le riassorbibili anche in difetti di piccole dimensioni che mantengano da soli lo spazio, tipo fenestrazioni su impianti, ma con l’unica pretesa di tenere in loco il materiale da innesto. Il riassorbimento per via enzimatica delle riassorbibili  dipende dall’attività idrolitica individuale e quindi non può offrire  un effetto barriera certo.

Come ha vissuto il passaggio da Gore-Tex® a Cytoplast®?
Con curiosità e attenzione. In un caso clinico nello stesso paziente ho eseguito una doppia GBR nel mascellare superiore applicando i due materiali in due siti adiacenti e non ho notato alcuna differenza nei risultati. Le membrane Gore-tex erano un po’ più facili da modellare mentre Cytoplast® è un po’ più rigida ma la differenza dovrebbe essere compensata da una minore porosità che dovrebbe tutelarmi di più in caso di esposizione. Noto invece una notevole differenza tra le membrane non riassorbibili con e senza rinforzo in titanio. Le membrane senza titanio hanno difficoltà a mantenere la forma e lo spazio nei difetti complessi.

Come si comporta in caso d’esposizione?
Quando agli inizi  si esponeva Gore-tex® rimuovevo subito la membrana. Fino ad oggi le membrane Cytoplast® non si sono mai esposte e quindi non posso ancora esprimere un giudizio. Considerato che il materiale è poco poroso forse proverei a controllare l’infezione con clorexidina, monitorando attentamente il paziente. Se si trattasse di un’esposizione tardiva la differenziazione cellulare sarebbe già avvenuta e quindi probabilmente rimuoverei la membrana e coprirei il tessuto ancora non perfettamente mineralizzato con una riassorbibile.

Cosa pensa dell’impiego delle membrane nei siti postestrattivi.
Fino ad oggi  nei siti postestrattivi ho usato un innesto di materiale eterologo con una membrana di collagene sigillando l’alveolo con una colla cianacrilica. Ho utilizzato poco gli innesti epitelio-connettivali a chiusura perché il sito di prelievo può essere molto fastidioso per il paziente. Più recentemente, dopo aver letto gli articoli di Barber e Barboza ho applicato le membrane in PTFE non riassorbibili lasciate intenzionalmente esposte.  Faccio mantenere la parte di membrana esposta il più possibile  pulita con clorexidina tre volte al giorno e la rimuovo a 4 settimane . Fino ad oggi i risultati sono incoraggianti e sto raccogliendo dati e materiale iconografico.

GBR in tempi di crisi?
Sono trattamenti relativamente costosi ma i pazienti motivati non rinunciano. Mi sembra che la GBR vada controcorrente per i professionisti che l’applicano con successo, dando la possibilità di risolvere in studio casi che altrimenti si dovrebbe abbandonare o demandare.

Recentemente ha tenuto un corso di GBR nel suo studio….
L’interesse verso la tecnica è alto perché giustamente non ci si può improvvisare. Ho incoraggiato i partecipanti a partire con casi semplici e solo progressivamente arrivare a casi complessi. Credo che un insieme di teoria e di chirurgia dal vivo metta l’apprendimento della terapia nella giusta prospettiva.

luca.signorini@fastwebnet.it

GBR verticale: nuovo corso con Live Surgery a Bologna il 2 Aprile 2012.

Si tratta di un corso tenuto dal dr Marco Ronda che vanta una delle principali casistiche internazionali sulle rigenerazioni verticali ed orizzontali nella mandibola posteriore. La combinazione di teoria, filmati e l’esecuzione di una caso dal vivo, proiettato in diretta, rende l’incontro un’opportunità speciale per quanti vogliano affinare le tecniche relative a tutto il protocollo chirurgico incluso la gestione dei tessuti molli le nuove tecniche di rilascio dei lembi linguali.

Scarica il programma con la scheda d’iscrizione