Casi clinici
Tecnica mini invasiva per la ricostruzione alveolare con membrana Cytoplast TXT 1224 in dPTFE.
Dr. Carlo Maria Soardi
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Il dr Hom-Lay Wang è professore di paradontologia all’Università del Michigan e ricopre importanti incarichi all’interno di organizzazioni quali l’Academy of Osseointegration, l’American Board of Periodontology, l’ICOI. È Associate Editor per The International Journal of Oral & Maxillofacial Implants e membro del board editoriale per riviste quali JP, JCP, IJPRD. Avendo pubblicato oltre 250 articoli, è probabilmente l’autore con il più alto numero di pubblicazioni scientifiche, almeno in odontoiatria.
Lo incontriamo in occasione della sua presentazione al congresso SICOI dello scorso Ottobre 2012. È in compagnia del prof. Carlo Maria Soardi di Brescia, con il quale sta lavorando, tra le altre cose, anche sul tema della ricostruzione degli alveoli post estrattivi. Su questo tema il prof. Soardi ci mostra anche un caso clinico.
Entrambi presenteranno le loro tecniche e i loro lavori clinici al GBR Symposium del 17 Maggio a Milano-Assago
Dr Wang, che impressioni ha avuto presentando la tecnica delle membrane esposte in Italia?
Qui, come in altri paesi Europei, ci sono molti clinici che potrebbero usare la tecnica del PTFE lasciato esposto nell’alveolo post-estrattivo ma molti sono ancora influenzati dal materiale Goretex che non poteva essere lasciato esposto. Io stesso, personalmente, non l’avrei mai fatto. Invece dai lavori più recenti sappiamo che con l’impiego della membrana Cytoplast in dPTFE esposta, oltre a mantenere l’altezza della cresta, riusciamo a preservarne la larghezza e poi, dopo la rimozione, otteniamo un aumento della gengiva cheratinizzata.
Cosa pensa delle tecniche con membrana riassorbibile esposta?
Il concetto della membrana in collagene esposta dovrebbe aiutare la funzione chemiotattica dei fibroblasti, ma dalle prove cliniche abbiamo visto che non è necessario.
Inserite sempre dell’innesto osseo negli alveoli?
Non abbiamo un approccio unico perché bisogna fare le cose che hanno senso in base alle indicazioni: usiamo insieme o alternativamente sostituti ossei, plug di collagene, membrana in dPTFE esposta per circa tre/quattro settimane, momento in cui la rimuoviamo.
Come ho mostrato nella mia presentazione noi utilizziamo osso umano, tra cui anche enCore™ Combination Allograft, che oltre ad avere un vantaggio nella sua composizione combinata di mineralizzato e demineralizzato è disponibile nella confezione da 0,5 cc, quantità ideale per un sito postestrattivo. So che in Europa l’osso umano in genere è meno diffuso che negli USA ma si tratta di un’ottima alternativa.
Quando verrà in Italia quali altri temi affronterà?
Maggiori sono i difetti ossei da trattare, maggiori sono le difficoltà per mobilizzare i lembi ed ottenere una copertura delle membrane. Presenteremo diversi “clinical tips” e dei nuovi lembi, tra cui un lembo a busta per la GBR orizzontale che mobilizza i tessuti, agevola l’inserimento dell’osso e stabilizza l’area dell’aumento. Parleremo anche di peri-implantite, un atro argomento che necessita grande attenzione…
Prof. Soardi, lei è stato tra i primi a utilizzare le membrane in PTFE ad alta densità non solo per la preservazione alveolare ma anche per la ricostruzione ossea…
Credo che l’importante non sia il polimero, ma come viene trattato. Anche nella mia esperienza, come quella di tutti, era molto difficile mantenere esposto il PTFE espanso. Avevo quasi abbandonato la tecnica. Non voglio fare di tutte le erbe un fascio, ma non vedo particolari problemi ad avere il PTFE ad alta densità esposto per alcune settimane. L’unica cosa a cui bisogna fare attenzione è che i tessuti coprano i margini del materiale ricreando, ne ho l’impressione, un ambiente chiuso per la rigenerazione. Sebbene il PTFE non sia un materiale adesivo, sembra quasi che i fibroblasti aderiscano alla superficie esterna della membrana.
Guardando i suoi casi si nota che ha apportato delle interessanti modifiche alla tecnica Cytoplast “classica” dell’alveolo postestrattivo per renderla il più efficace e il meno invasiva possibile.
Alla base della chirurgia mini invasiva c’è il concetto : “blood is life”. Dobbiamo scollare il meno possibile ed incidere il meno possibile perché l’innesto deve avere tutto il supporto ematico che gli serve. Fatte queste premesse il modo più semplice per portare la membrana alla profondità richiesta è un punto “trasfisso”: passiamo la sutura attraverso il muco periosteo (la parete ossea nel caso illustrato di ricostruzione alveolare non c’è più) e quindi trasciniamo e fissiamo alla profondità voluta il margine della membrana.
Considera la GBR una procedura mini invasiva?
Certo. L’utilizzo di queste tecnologie è un altro passo verso una implantologia corretta gestibile senza dover ricorrere a prelievi di teca cranica e senza dover ospedalizzare i pazienti. Non voglio mettere i miei pazienti nelle condizioni che debbano dire “non lo farò mai più!”.
Prof. Soardi, chiudiamo sempre le nostre interviste chiedendo cosa piace di più nella vita.
Le rispondo con una frase di Kurt Cobain, il front man dei Nirvana: “Quando il mio corpo sarà cenere, nel vento troverò la mia libertà”. A me piace la libertà.
Nella sala del congresso il dr Wang viene “catturato” dai colleghi. A lui, cosa gli piace di più nella vita lo chiederemo al GBR Symposium il 17 e 18 Maggio a Milano, Assago…