C’è un impianto ideale per la rigenerazione?
Ne parliamo con il Prof. Massimo Simion

Si è sempre discusso su quale fosse la membrana ed il sostituto osseo che dessero i migliori risultati nella terapia rigenerativa GBR. Forse sono state più trascurate le considerazioni in merito a quale fosse l’impianto più indicato. Ne parliamo con il prof. Massimo Simion che recentemente ha cambiato i paradigmi tradizionali in merito alla necessità di avere superfici implantari ruvide e auspica un ritorno alle superfici “machined”.

D – Prof. Simion, ci sono considerazioni particolari in merito al tipo di impianto da scegliere per la terapia rigenerativa?

R – Certamente sì. L’inserimento di un impianto in osso rigenerato o da rigenerare pone problemi diversi rispetto ai casi che non richiedono rigenerazione. E’ fuori discussione che negli aumenti tridimensionali con innesti a blocco subentri un’importante quota di riassorbimento osseo che può arrivare al 40% o anche al 50%. Questo è di per sé un dato che mi lascia alquanto perplesso rispetto a queste soluzioni ma è chiaro che, qualora per vari motivi, si decidesse di ricorrere a innesti a blocco, la scelta dell’impianto è fondamentale.

D – Perché?

R – Al fine di ridurre la contaminazione batterica sulle superfici che si dovessero esporre è opportuno usare un impianto con superficie “liscia”o “machined”. Come è stato dimostrato dagli studi del Prof. Tord Berglund, le superfici “machined” non favoriscono il proliferare dei batteri e l’instaurarsi o il progredire della peri-implantite. Diversamente, l’esposizione di superfici ruvide crea un grave problema di contaminazione e di progressiva e ulteriore perdita di osso. Trovo che impiegare un impianto a superficie ruvida in associazione ad un aumento con innesto osseo sia una controindicazione assoluta.

D – E per quanto riguarda la GBR?

R – Diversamente dagli innesti, bisogna distinguere tra correzione di piccoli difetti e tra rigenerazione verticale e orizzontale. I piccoli difetti sono facili da trattare anche con membrane riassorbibili, ma è chiaro che il rischio d’esposizione potenzialmente c’è sempre. In questi casi non ci si deve solo preoccupare della guarigione dei tessuti molli, ma si deve riflettere sull’inevitabile contaminazione di innesto e superficie implantare in caso d’esposizione. Non ho alcun dubbio che sia meglio impiegare un impianto con superficie liscia.

D – Per quanto riguarda invece gli aumenti di volume con la GBR?

R – I volumi orizzontali sono sempre molto ben mantenuti nel tempo soprattutto con l’impiego di membrane in PTFE. Negli aumenti verticali alcuni autori lamentano una quota di rimodellamento osseo più o meno importante mentre altri, sottolineando l’importanza della dimensione orizzontale in associazione alla verticale, hanno risultati più stabili nel tempo. E’ chiaro, comunque, che in ogni caso è opportuno difendersi dai rischi di rimodellamento osseo e di contaminazione della superficie implantare utilizzando superfici lisce e non solo nel collare coronale.

D – La sua opinione personale?

R – I miei casi di GBR verticale eseguiti agli inizi degli anni 90 con impianti Branemark machined sono ancora perfetti.

1997: RX iniziale di difetto trattato con GBR

1997: RX iniziale di difetto trattato con GBR

1997: Posizionamento di membrana Gore-Tex in PTFE

1997: Posizionamento di membrana Gore-Tex in PTFE

2013: RX del caso dopo 16 anni

2013: RX del caso dopo
16 anni

 

D – Ma una superficie trattata non può agevolare la formazione ossea e la rigenerazione?

R – Come ho dimostrato con recenti studi sperimentali la velocità dell’osteointegrazione, il BIC, non dipende dalla superficie ma dalla formazione ossea che parte dai trucioli ossei dell’inserimento. Pertanto sono certo che le superfici ruvide siano ininfluenti, se non negative, nel delicato ambiente della rigenerazione dove ci sono già diverse variabili da tenere sotto controllo. Togliere la variabile di una superficie ruvida è di per sé un grande passo avanti nella riduzione dei rischi.

Difetto verticale con pin di sostegno membrana

Difetto verticale con pin di sostegno membrana

Rimozione di membrana Cytoplast®

Rimozione di membrana
Cytoplast®

Inserimento di due impianti machined iMAXpro

Inserimento di due impianti machined iMAXpro

 

 

D – Il disegno dell’impianto fa la differenza?

R – Certamente. Quello che conta è la possibilità di inserire impianti in scarso osso residuo ottenendo comunque una speciale stabilità primaria. Questa infatti non è solo conditio sine qua non per il carico immediato, ma anche per la stabilità biologica dei tessuti da rigenerare. Quindi è necessario utilizzare impianti che, grazie al loro design con spire particolarmente aggressive, garantiscano un’importante stabilità iniziale, anche in presenza di scarsissimo osso residuo.

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