Dagli aumenti di volume agli alveoli postestrattivi – A colloquio con il dr Luca Signorini di Roma

Parliamo con il dr. Luca Signorini di Roma della sua personale esperienza con la GBR, dagli inizi alla costruzione di un solido know-how che condivide con i colleghi.

Quando ha iniziato con la GBR?
Ho iniziato 18 anni fa leggendo le pubblicazioni e seguendo  i corsi di Sture Nyman sulla GTR. Successivamente ho conosciuto la GBR tramite i corsi tenuti dagli specialisti del settore. Come tanti ho avuto degli insuccessi iniziali che inizialmente mi avevano portato ad abbandonare la tecnica ma, da qualche anno, ho appreso una corretta gestione dei tessuti molli e ho avuto una serie di risultati estremamente positivi che mi hanno spinto a reintrodurla fino a diventarne un entusiasta utilizzatore.

Casi clinici

1. Membrana in dPTFE (ad alta densità) lasciata intenzionalmente esposta. Case report con sito controllo.
Dr. Luca Signorini

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2. Doppia GBR Nel Mascellare Superiore.
Dr. Luca Signorini

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Quanti casi e quanti fallimenti?
Non saprei quantificare esattamente il numero di interventi nella prima fase, spesso svolti come collaborazioni. Penso però di aver avuto inizialmente circa il 30-35% di esposizioni, il che significava insuccesso o parziale successo. Da cinque anni ad oggi ho eseguito circa 70-80 casi di grosse rigenerazioni con esposizioni attualmente intorno al 3-5% nei casi di rigenerazione laterale e nessuna esposizione in GBR verticale, che è la tecnica che eseguo da minor tempo e quindi con una curva di apprendimento maggiore e per la quale ringrazio l’amico Marco Ronda che mi ha elargito insegnamenti e consigli.

Qual è stato il fattore del cambiamento?
Al di là della frequentazione di corsi specifici di GBR, è stato un mio stimolo che mi ha spinto a voler migliorare soprattutto nella gestione dei tessuti molli. Devo molti dei miei successi alle modalità mutuate dalla chirugia parodontale moderna ed ho messo a punto alcune tecniche personali per i tessuti che a breve pubblicherò.

Cosa l’ha spinta a continuare a credere nella GBR anche nella fase iniziale in cui si verificavano esposizioni?
Indubbiamente è una tecnica poco invasiva e versatile, utilizzabile laddove le alternative sono rappresentate da prelievi ossei importanti. E’ l’unica che permette quasi sempre l’inserimento contestuale degli impianti e ha il più ampio supporto della letteratura internazionale. Cito le parole dell’insuperabile Carlo Tinti che dice che la GBR quando hai imparato ad usarla è come un’auto sportiva che più spingi sull’acceleratore più corre veloce!

In che tipo di difetti l’impiega?
La tecnica può essere applicata in una molteplicità di situazioni. Il limite non è il difetto ma è solo la motivazione del paziente che deve capire e contribuire al successo della terapia. Forse l’unico limite clinico è nei casi di edentulia totale dove la gestione dei lembi è problematica ed in genere c’è una protesi mobile che poggia sui tessuti e quindi insisterebbe sulla membrana.

Membrane riassorbibili o non riassorbibili?
Riassorbibili ne uso poche e quasi esclusivamente per coprire la finestra dopo un sinus lift.  Infatti la letteratura internazionale ci dice che in questo modo aumentano le percentuali di successo. Uso le riassorbibili anche in difetti di piccole dimensioni che mantengano da soli lo spazio, tipo fenestrazioni su impianti, ma con l’unica pretesa di tenere in loco il materiale da innesto. Il riassorbimento per via enzimatica delle riassorbibili  dipende dall’attività idrolitica individuale e quindi non può offrire  un effetto barriera certo.

Come ha vissuto il passaggio da Gore-Tex® a Cytoplast®?
Con curiosità e attenzione. In un caso clinico nello stesso paziente ho eseguito una doppia GBR nel mascellare superiore applicando i due materiali in due siti adiacenti e non ho notato alcuna differenza nei risultati. Le membrane Gore-tex erano un po’ più facili da modellare mentre Cytoplast® è un po’ più rigida ma la differenza dovrebbe essere compensata da una minore porosità che dovrebbe tutelarmi di più in caso di esposizione. Noto invece una notevole differenza tra le membrane non riassorbibili con e senza rinforzo in titanio. Le membrane senza titanio hanno difficoltà a mantenere la forma e lo spazio nei difetti complessi.

Come si comporta in caso d’esposizione?
Quando agli inizi  si esponeva Gore-tex® rimuovevo subito la membrana. Fino ad oggi le membrane Cytoplast® non si sono mai esposte e quindi non posso ancora esprimere un giudizio. Considerato che il materiale è poco poroso forse proverei a controllare l’infezione con clorexidina, monitorando attentamente il paziente. Se si trattasse di un’esposizione tardiva la differenziazione cellulare sarebbe già avvenuta e quindi probabilmente rimuoverei la membrana e coprirei il tessuto ancora non perfettamente mineralizzato con una riassorbibile.

Cosa pensa dell’impiego delle membrane nei siti postestrattivi.
Fino ad oggi  nei siti postestrattivi ho usato un innesto di materiale eterologo con una membrana di collagene sigillando l’alveolo con una colla cianacrilica. Ho utilizzato poco gli innesti epitelio-connettivali a chiusura perché il sito di prelievo può essere molto fastidioso per il paziente. Più recentemente, dopo aver letto gli articoli di Barber e Barboza ho applicato le membrane in PTFE non riassorbibili lasciate intenzionalmente esposte.  Faccio mantenere la parte di membrana esposta il più possibile  pulita con clorexidina tre volte al giorno e la rimuovo a 4 settimane . Fino ad oggi i risultati sono incoraggianti e sto raccogliendo dati e materiale iconografico.

GBR in tempi di crisi?
Sono trattamenti relativamente costosi ma i pazienti motivati non rinunciano. Mi sembra che la GBR vada controcorrente per i professionisti che l’applicano con successo, dando la possibilità di risolvere in studio casi che altrimenti si dovrebbe abbandonare o demandare.

Recentemente ha tenuto un corso di GBR nel suo studio….
L’interesse verso la tecnica è alto perché giustamente non ci si può improvvisare. Ho incoraggiato i partecipanti a partire con casi semplici e solo progressivamente arrivare a casi complessi. Credo che un insieme di teoria e di chirurgia dal vivo metta l’apprendimento della terapia nella giusta prospettiva.

luca.signorini@fastwebnet.it